Sono esportatori abituali coloro che, nel corso dell’anno precedente hanno effettuato operazioni di cessione all’estero (esportazioni o cessioni intracomunitarie) per importo superiore al 10% del volume d’affari. Questi soggetti hanno la facoltà di acquistare beni senza doverne corrispondere l’IVA in relazione al proprio plafond.
Chi è l’esportatore abituale?
L’esportatore abituale è il contribuente, soggetto passivo IVA, che nel corso dell’anno solare precedente ha effettuato operazioni di cessioni all’estero (esportazioni, operazioni assimilate alle esportazioni e cessioni intracomunitarie) per un importo superiore al 10% del volume d’affari, secondo quanto previsto dall’articolo 20 del DPR n. 633/72. Di fatto, gli esportatori abituali hanno la possibilità di acquistare beni e servizi, o effettuare importazioni in regime di esenzione IVA. Questo può avvenire nei limiti dell’ammontare complessivo dei corrispettivi delle operazioni con l’estero effettuate nel periodo di riferimento, ovvero l’anno solare precedente (plafond fisso) oppure nei 12 mesi precedenti (plafond mobile).
L’idea è che se il prodotto finito o la merce sarà venduta all’estero, quindi senza IVA, anche l’acquisto dei prodotti deve essere non ivato. Il tutto nei limiti delle operazioni estere effettuate dall’operatore. Questa possibilità rappresenta un vero e proprio regime IVA, disciplinato dall’articolo 8 comma 1 lettera c) del DPR n. 633/72. In particolare, secondo questa disposizione, è concessa la facoltà agli:
Art. 8 co. 1 lett. c) DPR n. 633/72 |
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Esportatori Abituali che effettuano operazioni internazionali, sia con Paesi UE che Extra UE, al ricorrere di determinate condizioni, di acquistare o importare beni e servizi senza applicazione dell’Iva, entro un dato limite quantitativo annuale (il c.d. “plafond“). |
Andiamo ad analizzare, quindi, con maggiore dettaglio il regime fiscale IVA degli esportatori abituali. Si tratta, di quei soggetti passivi IVA che operano attraverso l’emissione della lettera di intento per la non applicazione dell’IVA negli acquisti dai propri fornitori.
Come funziona il regime IVA dell’esportatore abituale?
Gli operatori economici che esportano abitualmente beni in Paesi UE o Extra-UE possono beneficiare di un particolare regime IVA. Questo regime prevede l’assolvimento di obblighi specifici, sai a carico del soggetto acquirente che per il suo fornitore. Gli esportatori abituali, infatti, sono tenuti a rilasciare ai propri fornitori, o alla dogana per le importazioni, un’apposita comunicazione. Questa comunicazione, denominata “dichiarazione di intento“, viene rilasciata anteriormente all’effettuazione dell’operazione. Questa ha lo scopo di informare il fornitore del possesso dei requisiti per essere considerato esportatore abituale. Quindi, il fornitore è tenuto alla non applicazione dell’IVA in fattura.
L’esportatore è chiamato a predisporre e ad ad inviare telematicamente la stessa all’Agenzia delle Entrate. L’invio deve avvenire avvalendosi del modello DI in conformità con il modello approvato (art. 1 co. 1 lett. c) del D.L. n. 746/83).
Al termine della procedura, l’Agenzia delle Entrate rilascia apposita ricevuta telematica. Nel momento in cui il fornitore riceve la dichiarazione d’intento è tenuto a verificare sul sito dell’Agenzia delle Entrate (al link sottostante), il corretto invio della dichiarazione d’intento. La verifica delle lettere di intento può essere effettuata attraverso questo link dal sito dell’Agenzia delle Entrate.
VERIFICA RICEVUTA DICHIARAZIONE DI INTENTO
In ogni caso, le dichiarazioni di intento possono essere verificate attraverso il cassetto fiscale del contribuente.
Che cos’è la dichiarazione di intento?
La dichiarazione d’intento è una comunicazione, su modello pubblicato dall’Agenzia delle Entrate, che attesta la volontà del soggetto che ha i requisiti per essere considerato come esportatore abituale di avvalersi della possibilità di effettuare acquisti e/o importazioni senza applicazione dell’IVA, ex art. 8, co. 1, lett. c) del DPR n. 633/72. La dichiarazione di intento, deve essere precisato, può essere emessa:
- Per l’assolvimento di una singola operazione, quindi specificando un determinato importo;
- Per l’assolvimento di più operazioni nell’arco del periodo di riferimento, fino a concorrenza di un determinato importo.
Il modello di dichiarazione di intento (modello DI) deve essere predisposto dall’esportatore e trasmesso telematicamente all’Agenzia delle Entrate. In sede di dichiarazione IVA annuale, l’esportatore è chiamato indicare mese per mese l’ammontare delle operazioni che formano il plafond e l’ammontare degli acquisti e delle importazioni effettuati senza applicazione dell’imposta (quadro VC).
Quali sono le operazioni che concorrono alla formazione del plafond IVA dell’esportatore abituale?
Non tutti gli operatori economici che effettuano operazioni con l’estero possono usufruire del regime degli esportatori abituali. Per essere considerati tali è necessario effettuare con frequenza le seguenti operazioni non imponibili IVA, ovvero le operazioni che danno diritto alla formazione del plafond. Si tratta delle seguenti:
- Esportazioni dirette (sono escluse le esportazioni indirette). Operazioni di cui all’articolo 8, comma 2, lettera a) DPR n. 633/72. Operazioni in cui la merce è esportata a cura del cedente;
- Operazioni assimilate alle esportazioni effettuate nell’esercizio dell’attività d’impresa. Si tratta di operazioni collegate alle esportazioni di beni;
- Servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali effettuati nell’esercizio dell’attività propria d’impresa ex art. 9 del DPR n. 633/72. Ad esempio trasporti internazionali;
- Operazioni connesse a trattati e accordi internazionali;
- Operazioni con lo Stato della Città del Vaticano e con la Repubblica di San Marino;
- Cessioni intracomunitarie di beni non imponibili, ivi incluse le operazioni triangolari;
- Cessioni intracomunitarie di beni prelevati da un deposito IVA, con trasporto o spedizione in altro Stato UE (articolo 50-bis, comma 4, lettera f) del D.L n. 331/93);
- Cessioni di beni prelevati da un deposito IVA con trasporto o spedizione fuori del territorio della UE (articolo 50-bis, comma 4, lettera g) del D.L. n. 331/93);
- Margine delle operazioni non imponibili relative ai beni usati (art. 37 co. 1 del D.L. n. 41/1995);
- Cessioni triangolari intracomunitarie;
- Cessioni triangolari all’esportazione.
Tabella: operazioni da rapportare al volume d’affari
OPERAZIONI CHE CONCORRONO ALLA FORMAZIONE DEL VOLUME D’AFFARI |
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✅ Esportazioni dirette e triangolari |
✅ Cessioni di beni effettuate a soggetti non residenti che provvedono all’esportazione entro 90 giorni dalla consegna |
✅ Cessioni con trasporto o spedizione fuori del territorio dell’Unione Europea entro 180 giorni dalla consegna, a cura del cessionario o per suo conto, effettuate, nei confronti delle P.A. e dei soggetti della cooperazione allo sviluppo in attuazione di finalità umanitarie |
✅ Cessioni di beni utilizzati nelle piattaforme di perfezionamento e sfruttamento |
✅ Cessioni assimilate alle esportazioni (ad esempio navi, aeromobili, dotazioni di bordo, etc.), se effettuate da soggetti per cui costituiscono oggetto dell’attività propria dell’impresa |
✅ Servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali (ad esempio spedizioni, trasporti, carico, scarico, stivaggio etc. di beni destinati all’esportazione) se effettuate da soggetti per cui costituiscono oggetto dell’attività propria dell’impresa |
✅ Operazioni con lo Stato della Città del Vaticano e della Repubblica di San Marino |
✅ Cessioni di beni a sedi diplomatiche, consolari, comandi militari di altri Stati, etc |
✅ Cessioni intracomunitarie dirette e triangolari |
✅ Triangolazioni nazionali |
✅ Cessioni di beni nei depositi fiscali autorizzati, se la successiva estrazione costituisce esportazione, con trasporto fuori dal territorio comunitario o in altro Paese UE |
✅ Esportazioni di beni usati per la parte del corrispettivo soggetta al “regime del margine” |
per verificare lo status di esportatore abituale si dovrà effettuare il seguente rapporto:
Operazioni non imponibili (tutte quelle sopra elencate) |
/ |
Volume di affari (meno) Cessioni di beni in transito articolo 7-bis, D.P.R. 633/1972 e operazioni articolo 21, comma 6-bis, D.P.R. 633/1972 |
Per essere esportatore abituale il rapporto deve essere > 10%.
Quali sono i requisiti per gli esportatori abituali?
Se si effettuano le operazioni sopra indicate è possibile verificare il requisito seguente. In particolare, come accennato, lo status di esportatore abituale si acquisisce quando:
Condizioni per essere esportatore abituale |
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L’ammontare dei corrispettivi relativi alle operazioni sopra indicate, registrati nell’anno precedente ovvero nei 12 mesi precedenti (nel caso di adozione del plafond mobile), è superiore al 10% del volume d’affari, al netto delle cessioni di beni in transito i depositati presso luoghi a vigilanza doganale. |
Non possono usufruire del beneficio in questione:
- I contribuenti operanti nel settore dell’agricoltura che applicano l’imposta secondo il regime speciale, e
- I contribuenti che iniziano l’attività, ad eccezione dei soggetti che, rispettando determinate condizioni, acquistano o prendono in affitto un’azienda.
Come funziona il plafond dell’esportatore abituale?
Agli esportatori abituali è concessa la facoltà di acquistare beni e servizi senza pagamento dell’Iva entro un predeterminato limite che prende il nome di plafond. Questo è pari all’ammontare delle esportazioni e cessioni intracomunitarie effettuate nell’anno precedente ovvero nei 12 mesi precedenti.
La prima cosa da fare per verificare di possedere i requisiti dell’esportatore abituale è verificare il requisito del 10% del volume d’affari legato ad operazioni con l’estero. Una volta verificato il requisito devi tenere presente che gli acquisti che puoi ottenere in sospensione di imposta hanno come limite il tuo plafond.
Il plafond è costituito dalla somma dei corrispettivi relativi alle operazioni internazionali, non imponibili, registrate ai fini IVA, rispettivamente:
- Nell’anno solare precedente a quello in cui si vogliono effettuare gli acquisti in sospensione d’imposta, se si utilizza il plafond annuale (o fisso), o
- Nei 12 mesi precedenti a quello in cui si vogliono fare gli acquisti in sospensione se si utilizza il plafond mobile.
Per i soggetti che stanno incrementando la propria attività di export può essere utile privilegiare l’utilizzo del plafond mobile. Infatti, attraverso l’utilizzo del plafond mobile è possibile godere di un maggior plafond fin dai primi mesi successivi, senza la necessità di dover attendere il nuovo anno solare. Andiamo ad analizzare, di seguito, come è possibile utilizzare il plafond per gli esportatori abituali.
Quali sono le modalità di utilizzo del plafond Iva?
Il plafond, in generale, può essere utilizzato per qualsiasi acquisto di beni e servizi. Fanno eccezione gli acquisti di terreni, fabbricati e beni oggettivamente esclusi dal diritto alla detrazione dell’IVA e quelli privi del requisito dell’inerenza. Il plafond, così determinato, è unico e può essere utilizzato per l’acquisto di beni o servizi senza alcun riferimento alla loro destinazione interna.
Come anticipato, vi sono due possibilità per l’utilizzo del plafond, e sono il plafond mobile ed il plafond fisso. Vediamoli d seguito. La ratio del plafond IVA è quello di evitare di penalizzare da un punto di vista finanziario gli operatori economici che effettuano cessioni all’estero. Sia per le esportazioni che per le cessioni intracomunitarie. Quando queste operazioni si fanno frequenti ed incidono sul volume d’affari IVA, è possibile che l’operatore si trovi con un eccessivo credito IVA. Si tratta del credito formatosi dagli acquisti effettuati, che non hanno trovato altrettante cessioni imponibili IVA. In questo contesto il plafond IVA rappresenta il limite entro il quale gli esportatori abituali hanno registrato esportazioni, cessioni intracomunitarie e altre operazioni assimilate (non imponibili). Quando queste operazioni superano il 10% del volume d’affari, possono effettuare acquisti in sospensione d’imposta, senza applicazione dell’IVA. L’esportatore può determinare il plafond di cui disporre con due diverse metodologie:
- Il sistema del plafond fisso o
- Il sistema del plafond mobile.
La scelta è assolutamente discrezionale e può essere modificata all’inizio di ogni anno senza alcuna comunicazione preventiva. Tale scelta, deve essere, infatti, comunicata a consuntivo nell’ambito della dichiarazione IVA annuale (quadro VC).
Come funziona il plafond fisso?
Il metodo del plafond fisso consiste nel prendere come base di calcolo dello stesso le operazioni non imponibili relative ad esportazioni ed operazioni assimilate rilevanti registrate nell’anno solare precedente. Al 1° gennaio di ciascun anno, il plafond disponibile per detto anno è semplicemente costituito dalle operazioni non imponibili registrate nell’anno precedente. Successivamente poi, nel corso dell’anno di utilizzo, è sufficiente controllare che gli acquisti e le importazioni con lettera di intento non superino l’ammontare del plafond disponibile per non incorrere nello splafonamento.
Come funziona il plafond mobile?
Il plafond mobile si calcola invece tenendo conto delle operazioni registrate nei dodici mesi precedenti. Il metodo del plafond mobile necessita di una particolare attenzione. E’ opportuno, infatti, verificare la sussistenza di due condizioni:
- E’ necessario avere iniziato l’attività almeno da dodici mesi;
- Lo status di esportatore abituale deve essere verificato ogni mese. Nei mesi, infatti, nei quali tale condizione non si dovesse verificare, non sarà consentito effettuare acquisti in regime di non imponibilità.
Inoltre, verificata la sussistenza, mese per mese, della condizione è necessario determinare, alla fine di ciascun mese quale sarà il plafond disponibile per il mese successivo. Con il metodo del plafond mobile l’ammontare del plafond di cui si dispone è dato:
dalla differenza tra le operazioni non imponibili registrate nei 12 mesi precedenti e il relativo progressivo utilizzo.
Nel mese in cui si verificano i primi acquisti agevolati, il progressivo utilizzo è dato dalla differenza tra gli acquisti in sospensione effettuati nel mese e le operazioni non imponibili relative al 13° mese precedente.
Come scegliere tra plafond fisso e plafond mobile?
Il metodo del plafond fisso è certamente più facile da gestire rispetto al plafond mobile. Questo in quanto sia la verifica dello status di esportatore abituale che la determinazione del plafond annuale utilizzabile vengono effettuate una sola volta l’anno. Il sistema del plafond mobile risulta, tuttavia, più conveniente da utilizzare nell’ipotesi di prospettive di crescita del fatturato all’estero. Questo metodo si basa sempre sulle vendite dei dodici mesi precedenti. La base di riferimento, infatti, si sposta nel tempo e segue, pertanto, l’attività dell’azienda. Una volta prescelto ed utilizzato un metodo, è possibile modificare il criterio di calcolo solo al 1° gennaio dell’anno successivo e non in corso d’anno. Se nell’anno solare precedente si è utilizzato il plafond fisso e si vuole passare al plafond mobile non sorge alcun problema. Nel senso che il plafond disponibile all’inizio dell’anno è pari alle esportazioni e operazioni assimilate registrate nell’anno solare precedente. Se invece si passa dal plafond mobile a quello fisso, il plafond disponibile all’inizio dell’anno è pari al plafond che sarebbe risultato disponibile per il mese di gennaio se si fosse mantenuto il metodo mobile.
La Risoluzione n. 77/E/2002 specifica infatti che il contribuente in questo caso “deve ancora e per l’ultima volta seguire il procedimento per il calcolo del plafond mobile partendo dall’ammontare della posta attiva e passiva del mese di dicembre dell’anno precedente, sottraendo da entrambe le operazioni non imponibili del tredicesimo mese”.
Il comportamento attivo del contribuente nella scelta del plafond
Come detto l’opzione per la scelta del metodo di utilizzo del plafond è effettuata nella dichiarazione IVA, quindi a posteriori. Sul punto, la Circolare n. 8/D/2003 ha specificato che, ai fini dell’opzione per l’utilizzo di un metodo piuttosto che l’altro, assume rilevanza il “comportamento attivo” del contribuente. Comportamento che deve essere confermato, in sede di dichiarazione IVA, dalla compilazione dell’apposito quadro destinato agli esportatori abituali, contenente una casella da barrare allo scopo di indicare il metodo utilizzato. Tuttavia, è opportuno ricordare che la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9028/2011, ha negato che il diritto di acquistare beni/servizi senza IVA sia precluso all’esportatore che abbia omesso di compilare il quadro VC. Soggetto che, nella specie, non abbia comunicato la scelta del regime del plafond mobile.
Per superare la violazione contestata dall’Ufficio, è stato valorizzato il comportamento concludente dell’operatore. Comportamento che deve intendersi ammesso ad esercitare le opzioni relative al regime dell’IVA qualora la contabilità obbligatoria sia adeguatamente uniformata al regime scelto. Ad assumere rilevanza sono, pertanto, le condizioni sostanziali per l’acquisto senza applicazione dell’imposta. Vale a dire la qualifica di esportatore abituale, l’esistenza di un plafond disponibile e la comunicazione dei dati della dichiarazione d’intento all’Agenzia delle Entrate. Con successiva consegna al fornitore della dichiarazione d’intento e della ricevuta di presentazione rilasciata dall’Agenzia. Tale conclusione è confermata dalla sentenza n. 19366/2018. Documento con il quale la Suprema Corte ha esaminato gli effetti dell’omessa comunicazione all’Agenzia delle Entrate del trasferimento del plafond in caso di affitto d’azienda.
L’emissione della fattura elettronica non imponibile IVA
Il fornitore, una volta verificata l’emissione della lettera di intento da parte dell’esportatore abituale, deve emettere la fattura elettronica in regime di non imponibilità IVA ex art. 8, co. 1, lett. C) del DPR n. 633/72. La fattura elettronica deve essere emessa tramite sistema di interscambio (SdI), utilizzando esclusivamente il tracciato xml. La fattura elettronica deve riportare nel campo “natura” il codice specifico N3.5 “Non imponibili – a seguito di dichiarazioni di intento“, nonché gli estremi del protocollo di ricezione della dichiarazione di intento trasmessa all’Agenzia delle Entrate.
Con maggiore dettaglio è necessario inserire un blocco 2.2.1.16 per ogni dichiarazione d’intento, come riportato schematicamente di seguito:
- Nel campo 2.2.1.16.1 deve essere riportata la dicitura “INTENTO“;
- Nel campo 2.2.1.16.2 deve essere riportato il protocollo di ricezione della dichiarazione d’intento e il suo progressivo separato dal segno “-” oppure dal segno “/” (es. 08060120341234567-000001);
- Nel campo 2.2.1.16.4 deve essere riportata la data della ricevuta telematica rilasciata dall’Agenzia delle Entrate e contenente il protocollo della dichiarazione d’intento.
Protocollo della dichiarazione di intento
Il numero di protocollo della dichiarazione di intento, rilevabile dalla ricevuta telematica rilasciata dall’Agenzia delle Entrate è composto da:
- Una prima parte, composta da 17 cifre;
- Una seconda parte, composta da 6 cifre, che rappresentano il progressivo e che deve essere separata dalla prima parte dal segno “-“.
Queste indicazioni si ricavano dal provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 28 ottobre 2021, protocollo n. 293390/2021. In particolare, il provvedimento detta precise modalità per l’indicazione nella fattura elettronica del protocollo di ricezione della lettera di intento. Il fornitore deve compilare il blocco “altri dati gestionali” della fattura, esponendo:
- Nel campo “Tipo dato” la dicitura “intento”;
- Nel campo “Riferimento testo” l’intero numero di protocollo (quindi prima e seconda parte separata dal segno “-” oppure dal segno “/”);
- Nel campo “Riferimento data” deve essere riportata la data della ricevuta telematica rilasciata dall’Agenzia e contenente il protocollo della dichiarazione d’intento.
L’emissione di una fattura elettronica contenente i dati di una dichiarazione d’intento invalidata, comporta lo scarto del file xml da parte del Sistema di Intercambio. L’Agenzia delle Entrate, nell’ambito delle proprie attività di controllo, verifica anche la veridicità delle fattispecie legate agli esportatori abituali ed all’emissione delle lettere di intento. In particolare, l’Amministrazione finanziaria, al verificarsi di queste situazioni di frode, prevede un meccanismo di blocco automatico dalla possibilità di emettere nuove lettere di intento da parte dei contribuenti nei cui confronti sia stata disconosciuta la qualifica di esportatore. Con il provvedimento del 28 ottobre 2021, prot. 293390/2021, con effetto dal 1° gennaio 2022, sono stati individuate le modalità ed i criteri di rischio legati all’emissione di lettere di intento.
Note di variazione e plafond
L’emissione di note di variazione incide sul plafond. Nel caso di variazione in diminuzione (emissione di nota di credito) l’ammontare del plafond diminuisce in modo corrispondente. La nota di variazione può riguardare operazioni dello stesso anno o di anni precedenti.
La Circolare n. 8/D/2003 dell’Agenzia delle dogane ha precisato che qualora:
- La nota di credito viene emessa nello stesso anno di effettuazione dell’operazione originaria ne conseguirà una riduzione del plafond disponibile per lo stesso periodo;
- La nota di credito viene emessa in un periodo successivo la riduzione del plafond deve essere ricondotta al periodo di competenza.
Nel caso di variazione in aumento (nota di debito):
- Se emessa nel corso dell’anno va ad aumentare direttamente il plafond disponibile;
- Se emessa nell’anno successivo va ad aumentare il plafond dell’anno precedente in cui ha avuto origine l’operazione;
- Se emessa in anni ancora successivi non aumentano né il plafond dell’anno in cui sono registrate né quello dell’anno in cui è stata effettuata l’operazione principale perché ormai tale plafond è già stato utilizzato.
Come rimediare in caso di splafonamento?
Uno dei casi può frequenti nel quale può trovarsi un esportatore abituale è quello di aver effettuato acquisti senza applicazione dell’IVA per un ammontare superiore rispetto al quantitativo massimo disponibile. Questa fattispecie comporta il realizzo del c.d. “splafonamento“. In sostanza, l’operatore ha richiesto acquisti in sospensione IVA per un importo maggiore al proprio plafond disponibile. Si tratta di una situazione piuttosto frequente, se non si presta la dovuta attenzione alla verifica del proprio plafond disponibile. Vediamo quali sono le possibili soluzioni per rimediare allo splafonamento IVA.
Rimedi in caso di splafonamento: emissione di autofattura
La prima possibilità di regolarizzazione riguarda l’emissione di una autofattura da parte dell’esportatore. Questi deve indicare per ciascun fornitore il numero di protocollo delle fatture ricevute e il relativo ammontare eccedente il plafond disponibile, nonché l’imposta che avrebbe dovuto essere versata dal fornitore stesso, ove l’avesse esposta nella sua fattura. L’esportatore deve annotare il documento unicamente nel registro degli acquisti e deve, inoltre, provvedere al versamento dell’imposta, con sanzioni e interessi. Copia dell’autofattura deve essere comunicata all’Agenzia delle Entrate.
Rimedi in caso di splafonamento: emissione di fattura integrativa
In questo caso l’esportatore deve chiedere al fornitore l’emissione di una fattura integrativa che andrà registrata, versando l’imposta con sanzioni e interessi.
Sistema sanzionatorio per gli esportatori abituali
Il sistema sanzionatorio relativo agli acquisti in sospensione d’imposta è disciplinato dai commi 3 e 4 dell’articolo 7 del D.Lgs. n. 471/97. Nel caso in cui si siano effettuati acquisti in sospensione d’imposta senza provvedere preventivamente all’emissione della dichiarazione d’intento, si applica la sanzione amministrativa dal 100 al 200 per cento dell’imposta, oltre al pagamento del tributo. Qualora, invece, l’operazione venga posta in essere anche con presenza della dichiarazione d’intento, ma senza che ne sussistano i presupposti, dell’omesso pagamento del tributo ne rispondono solamente gli esportatori che hanno rilasciato la dichiarazione stessa. Questa precisazione è di per se molto importante in quanto solleva esplicitamente il cedente dalla responsabilità per non aver applicato la rivalsa.