La responsabilità fiscale di soci, amministratori e liquidatori di società

Il sistema tributario prevede norme che consentono di ritenere i soci, gli amministratori e i liquidatori di società di capitali responsabili dei debiti tributari della società anche in caso di cancellazione dal Registro delle imprese. Detta responsabilità, con riferimento all’art. 36 del DPR 602/73, è stata implementata ad opera del DLgs. 175/2014.

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Premessa

I soci, gli amministratori e i liquidatori di società di capitali, come affermazione di carattere generale, non possono ritenersi responsabili in proprio dei debiti tributari, e ciò vale sia per quelli riguardanti le annualità antecedenti alla messa in liquidazione sia per i debiti relativi al periodo della liquidazione medesima.

Relativamente alle società di capitali, uno dei principi fondamentali del diritto societario è la separazione che sussiste tra patrimonio della società e patrimonio dei singoli soci o amministratori. Più in generale, i soggetti che hanno la rappresentanza della società non possono essere chiamati a rispondere delle obbligazioni sociali, salvo le circoscritte eccezioni contemplate dalla legge1.

Detto postulato è applicabile anche in campo fiscale, per cui un atto impositivo (accertamento/cartella di pagamento) intestato ad esempio ad un amministratore è affetto da nullità, se non da inesistenza, siccome rivolto nei confronti di un soggetto estraneo all’obbligazione tributaria2.

Invece, per le società di persone occorre considerare la natura giuridica del vincolo sociale, posto che i soci di società in nome collettivo rispondono dei debiti sociali solidalmente e illimitatamente3, ma nelle sas ciò è vero solo per gli accomandatari, siccome per gli accomandanti la responsabilità è circoscritta alla quota conferita4.

Per i liquidatori, la responsabilità per le obbligazioni sociali si verifica solo nel caso di colpa nella gestione della fase liquidatoria5.

Vi sono però, in merito alle società di capitali, due norme che contemplano la responsabilità personale di soci, amministratori e liquidatori, le quali necessitano di una trattazione specifica:

  • l’art. 2495 c.c., secondo cui i soci di società di capitali rispondono delle obbligazioni sociali nei limiti di quanto hanno riscosso in base al bilancio finale di liquidazione, e i liquidatori se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi;
  • l’art. 36 del DPR 602/73, che contempla una responsabilità personale di soci, amministratori e liquidatori di società.

È importante mettere in evidenza che le responsabilità richiamate sono fattispecie autonome, legate a presupposti diversi.

Ciò ha notevoli risvolti operativi, in quanto, ad esempio, se la società viene cancellata dopo la notifica del ricorso, ferma restando la c.d. “inopponibilità quinquennale” dell’estinzione ai fini fiscali ex art. 28 co. 4 del DLgs. 175/2014, nessuna successione nel processo può verificarsi ai sensi dell’art. 36 del DPR 602/73, per cui, in tal caso, se i soci non hanno riscosso nulla in base al bilancio finale di liquidazione, il contenzioso sarà destinato ad estinguersi per cessazione della materia del contendere.

Tanto premesso, la pretesa fiscale può, anche in caso di estinzione della società, sia essa di capitali o di persone, essere azionata nei confronti del socio, dell’amministratore o del liquidatore ove l’Agenzia delle Entrate, mediante prove incontrovertibili, riesca a dimostrare l’utilizzo fraudolento dello schema societario, ovvero che la società è stata creata al fine di sottrarsi al pagamento dei debiti fiscali.

Non si dimentichi che l’art. 10 della L. 212/2000 impone la buona fede nonché la leale collaborazione nei rapporti tra contribuenti e amministrazione, cosa incompatibile con l’utilizzo fraudolento dello schema societario.

Si pensi all’ipotesi di società intestate a “teste di legno”6, o alle c.d. “cartiere”7, fattispecie nelle quali può emergere che la società è priva, di fatto, di apparati produttivi, essendo una “scatola vuota”, o intestata a prestanomi ignari di ciò che realmente accade. Il titolo della responsabilità da imputarsi all’amministratore, al socio o al liquidatore sarebbe, quindi, riconducibile all’illiceità della causa societaria derivante dalla natura delle operazioni fraudolente poste in essere dai soggetti coinvolti, con conseguente inapplicabilità della normativa riferibile ad una società costituita regolarmente e destinata ad operare per scopi leciti.

La fondatezza di quanto esposto è confermata dalla Cassazione in merito alle sanzioni, che, nelle ipotesi ordinarie, non sono irrogate nei confronti dei legali rappresentanti di persone giuridiche ex art. 7 del DL 269/20038.

Detto ciò, dal punto di vista tributario, si può affermare che, se i soci non hanno riscosso somme dal bilancio di liquidazione e non sussistono i requisiti previsti dall’art. 36 del DPR 602/73, nulla potrà essere loro richiesto.

Per fornire una risposta esaustiva sul tema, bisogna però considerare gli effetti di una potenziale dichiarazione di fallimento della società, che, ai sensi dell’art. 10 del RD 267/42, può avvenire entro un anno dalla cancellazione della medesima9.

Se questo avvenisse, il curatore del fallimento, previa autorizzazione del giudice delegato, potrebbe esercitare, nei confronti degli amministratori, dei liquidatori, dei soci di srl ai sensi dell’art. 2476 co. 7 c.c. 10, l’azione sociale di responsabilità, come prevede l’art. 146 del RD 267/42.

Il discorso è diverso per i soci di società di persone, che, salvo eccezioni come gli accomandanti di sas (che rispondono limitatamente alla quota conferita), sono responsabili solidalmente e illimitatamente per i debiti sociali.

Oltre alle considerazioni esposte, nonostante, per ipotesi, non sussistano né i presupposti per l’azione ex art. 36 del DPR 602/73 né quelli previsti dall’art. 2495 c.c., bisogna sempre considerare che, in caso di dichiarazione di fallimento, potrebbe emergere la responsabilità penale per bancarotta degli amministratori e dei liquidatori, nonché dei soci come concorrenti nel reato11.

Responsabilità dei soci della società di capitali estinta

L’art. 2495 c.c. prevede che, estinta la società, i creditori possono far valere le proprie pretese:

  • nei confronti dei soci, nei limiti delle somme da questi riscosse in base al bilancio di liquidazione;
  • nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi.

Coerentemente con ciò, Cass. 11.5.2012 n. 732712 ha affermato che l’Agenzia delle Entrate, se intende agire nei confronti dei soci “è tenuta a dimostrare il presupposto della responsabilità di quest’ultimo [il socio], e cioè che, in concreto, vi sia stata la distribuzione dell’attivo e che una quota di attivo sia stata riscossa (C. 19732/2005), ovvero che vi siano state le assegnazioni sanzionate dalla norma fiscale”.

Si ritiene che, vista l’ampia formulazione dell’art. 2495 c.c., la responsabilità permanga per i debiti accertati dopo la cancellazione della società13.

In dottrina è stata sostenuta la solidarietà tra soci14, ma riteniamo preferibile la tesi opposta15, che è stata accolta dalla giurisprudenza sulla responsabilità dei soci ex art. 36 co. 3 del DPR 602/7316.

Dal punto di vista processuale, ferma restando la c.d. “inopponibilità quinquennale” dell’estinzione ai fini fiscali ex art. 28 co. 4 del DLgs. 175/2014, in costanza dei requisiti imposti dall’art. 2495 c.c., i soci, in caso di estinzione della società a processo instaurato, succedono nel processo.

È bene inoltre evidenziare che il problema relativo ai nessi tra estinzione della società e pendenza del processo opera quando la cancellazione avviene dopo la notifica dell’accertamento, ove, per i soggetti che possono essere ritenuti fiscalmente responsabili, si applica la proroga del termine per il ricorso ex art. 40 co. 4 del DLgs. 546/92.

Nelle altre fattispecie (atto notificato alla società prima della cancellazione rimasto inoppugnato, cartella notificata ai soci dopo la cancellazione della società), rimangono ferme le considerazioni che verranno effettuate.

Semplificando, se la cancellazione della società avviene dopo la notifica dell’accertamento, operano, sempre se i soci hanno ricevuto somme dal bilancio di liquidazione, le norme sulla proroga dei termini per il ricorso o sulla successione dei soci nel processo (interruzione del medesimo con necessità di riassunzione), mentre se la cancellazione della società è avvenuta prima l’atto intestato all’ente è inesistente, e i soci devono ricorrere facendo valere tale fatto. In quest’ultimo caso, l’ente impositore avrebbe dovuto notificare l’atto al soggetto responsabile specificandone la ragione.

Luogo per la notifica degli atti

Gli accertamenti e le cartelle di pagamento devono essere notificati ai sensi degli artt. 60 del DPR 600/73 e 26 del DPR 602/73.

Ferma restando la necessità che l’Agenzia delle Entrate intesti l’accertamento al soggetto fiscalmente responsabile, occorre evidenziare che, in base al codice civile, gli atti possono, entro un determinato periodo di tempo, essere notificati presso l’ultima sede della società17. Infatti, l’art. 2495 c.c. stabilisce che la domanda dei creditori, “se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l’ultima sede della società”18.

Nelle suddette ipotesi, qualora, a causa di notifica avvenuta in tale luogo, il socio non sia stato reso edotto della pretesa avanzata nei suoi confronti mediante accertamento o altro atto, potrebbe, alternativamente:

  • in sede di ricorso contro la cartella/fermo/ipoteca, sollevare la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2495 c.c., per violazione dell’art. 24 Cost. (diritto di difesa)19;
  • chiedere al giudice di annullare la cartella di pagamento o l’atto “successivo” per mancata notifica dell’atto “presupposto”20.

Responsabilità dei soci nei cinque anni successivi all’estinzione

Per effetto dell’art. 28 co. 4 del DLgs. 175/2014, “ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’art. 2495 del codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal Registro imprese”.

A nostro avviso l’art. 28 del DLgs. 175/2014 introduce un lasso temporale entro cui, nei confronti degli enti impositori, l’art. 2495 c.c., quindi l’effetto estintivo dell’ente dovuto alla cancellazione dal Registro delle imprese, non produce effetto. Da ciò dovrebbe conseguire che, nei 5 anni, nessun atto impositivo e, più in generale, alcuna pretesa può essere rivolta ai soci, a prescindere dal fatto che essi siano fiscalmente responsabili.

Il dato normativo, che si riferisce espressamente alla sola validità degli atti di accertamento, liquidazione, riscossione e del contenzioso potrebbe però indurre gli uffici ad adottare una diversa interpretazione, consistente nel ritenere cumulabile la “responsabilità” della società con quella dei soci, sempre che abbiano ricevuto somme sulla base del bilancio di liquidazione. In dottrina è stato evidenziato che, addirittura, ciò potrebbe avvenire in via automatica, sulla falsariga di quanto succede per le società di persone in merito ai tributi imputati per trasparenza ex art. 40 co. 2 del DPR 600/73.

Se così fosse, è palese come al socio non possa essere negato il diritto di difesa. In altri termini, egli deve sapere con certezza se risponde subito, quindi dal momento in cui la società viene cancellata dal Registro delle imprese, o decorsi i 5 anni entro cui l’ente impositore può azionare la pretesa nei confronti della società.

Per esigenze di tutela del socio fiscalmente responsabile, qualora l’ente impositore abbia notificato l’atto al soggetto estinto, non si può comunque negare il diritto al ricorso del primo in caso di disinteresse della società. Sino a quando non ci sarà un consolidato orientamento giurisprudenziale sul punto, si potrebbe affermare che tale diritto sussiste poiché, spirato il periodo quinquennale, egli “riacquisterebbe” la propria responsabilità, e l’avvenuta definitività dell’atto scaturente dal mancato ricorso potrebbe rendere difficile la difesa nel merito contro il provvedimento che, eventualmente, potrà essere notificato al socio decorsi i 5 anni.

Azionamento della pretesa nei confronti dei soci

Se l’Agenzia delle Entrate ritiene che i soci o i liquidatori possano essere considerati responsabili, dovrà, come affermazione di carattere generale, notificare apposito avviso di accertamento, contenente una duplice motivazione, ovvero una motivazione che comprenderà, come di consueto, le ragioni di fatto e di diritto della pretesa, e il motivo per cui, ex art. 2495 c.c., i soci o i liquidatori possono essere ritenuti responsabili.

Non potrà, a nostro avviso, essere notificata direttamente la cartella di pagamento, in quanto non si tratta di eseguire un’iscrizione a ruolo nei confronti di un soggetto responsabile in via solidale21, ma di azionare una pretesa del tutto diversa da quella che si poteva vantare nei confronti della società.

Rimangono fermi i termini decadenziali previsti per gli avvisi di accertamento, con la conseguenza che l’atto nei confronti del socio dovrà essere notificato entro il 31 dicembre del quarto o del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione ad opera della società22, se riguarda l’IRES23.

La sostenuta necessità dell’accertamento potrebbe venire meno ove la società estinta fosse stata notificataria della cartella di pagamento o, in generale, per le pretese fatte valere tramite detto atto24. In tal caso, deve essere formato un nuovo ruolo a carico dei soci e notificata la cartella di pagamento, nel rispetto dei termini decadenziali previsti dall’art. 25 del DPR 602/7325, comunque motivata anche in relazione all’art. 2495 c.c. 26.

In entrambe le ipotesi descritte, emerge il problema relativo all’ampiezza della difesa del socio. Se si trattasse di accertamenti notificati solo ai soci dopo la cancellazione della società è palese il diritto del socio di difendersi nel merito, ma per gli atti già notificati alla società e ormai definitivi, in quanto la società aveva magari scelto di non ricorrere contro l’atto o di prestare acquiescenza ex art. 15 del DLgs. 218/97, la questione è più complessa.

Per consentire al socio di poter sindacare sempre il merito della pretesa, si potrebbe richiamare la giurisprudenza che, in tema di responsabilità dei soci di società di persone, consente il sindacato nel merito in seno al ricorso contro l’intimazione ad adempiere loro notificata per debiti della società, che è stata notificataria dell’atto prodromico27.

L’atto deve essere emesso dalla Direzione provinciale di domicilio fiscale del socio, stante i normali criteri di competenza territoriale: pertanto, se il provvedimento venisse emesso dalla Direzione provinciale di domicilio fiscale della società, il contribuente ne può far valere la nullità per incompetenza ex art. 31 del DPR 600/7328.

Riscossione degli importi

Una problematica da prendere in considerazione riguarda la riscossione delle somme richieste ai soci.

Qualora ai soci venga notificato un avviso di accertamento, appare ragionevole affermare che sia necessario rispettare la normativa tipica del sistema impositivo di riferimento. Pertanto, se si tratta di imposte sui redditi, la riscossione avverrà, in pendenza di ricorso, ai sensi degli artt. 15 del DPR 602/73 e 68 del DLgs. 546/92, con richiesta immediata del solo terzo delle imposte; invece, se si trattasse di imposta di registro suppletiva nulla potrà essere riscosso ai sensi dell’art. 68 del DLgs. 546/92, mentre se fosse un’imposta complementare diversa dal maggior valore accertato la riscossione delle sole imposte sarebbe integrale come prevede l’art. 56 del DPR 131/86.

Ove, per contro, si trattasse di cartella di pagamento derivante da controllo automatico/formale della dichiarazione, si potrebbe sostenere la legittimità dell’iscrizione a ruolo della totalità degli importi ex art. 14 del DPR 602/73.

Istituti deflativi del contenzioso

Relativamente agli istituti deflativi del contenzioso, sono operanti il reclamo/mediazione e la conciliazione giudiziale, in quanto gli artt. 17-bis e 48 del DLgs. 546/92 prevedono tali istituti per tutte le pretese che rientrano nella giurisdizione tributaria.

Qualche dubbio potrebbe presentarsi per l’adesione al “PVC”, l’adesione agli inviti, l’accertamento con adesione, l’acquiescenza29 e la definizione agevolata delle sanzioni30, i quali presuppongono un procedimento culminante con la notifica di un avviso di accertamento nel senso proprio del termine.

A nostro avviso, quando l’ente impositore notifica atti su annualità che non erano ancora state accertate nei confronti della società, si tratta di provvedimenti con valore accertativo su ogni fronte, quindi le definizioni non dovrebbero essere negate31; a titolo cautelativo, sino a quando non ci sarà un orientamento giurisprudenziale consolidato sul punto, si sconsiglia di confidare nella sospensione del termine di 90 giorni causata dalla domanda di adesione ai sensi dell’art. 6 del DLgs. 218/97.

Non vi sono elementi ostativi all’applicazione della dilazione delle somme iscritte a ruolo32 e della definizione/dilazione degli avvisi bonari33.

Responsabilità del liquidatore

Le considerazioni effettuate per i soci valgono anche per la responsabilità del liquidatore ai sensi dell’art. 2495 c.c., che sussiste in ipotesi di colpa nella gestione della liquidazione.

Su tale aspetto non si registrano molti interventi; in via incidentale, C.T. Prov. Milano 14.3.2011 n. 94/3/11 ha sancito che il liquidatore può ritenersi responsabile solo se ci può essere la previsione di futuri accertamenti.

In dottrina è stato sostenuto che l’ente impositore, se intende azionare la responsabilità del liquidatore ai sensi dell’art. 2495 c.c. per colpa, deve agire come ogni altro comune creditore, quindi citando il liquidatore dinanzi al Tribunale. Accettando tale tesi, non sarebbero utilizzabili gli strumenti di coazione a favore degli uffici, quindi né l’accertamento esecutivo né il ruolo, e verrebbero meno le considerazioni effettuate nei paragrafi precedenti.

Presunzione di distribuzione degli utili extracontabili

La Corte di Cassazione, con un consolidato orientamento, ha affermato che “una volta accertati maggiori utili conseguiti da una società di capitali a ristretta base azionaria, è consentito presumerne la distribuzione tra i soci”34.

La verifica viene eseguita mediante il seguente schema:

  • notifica dell’atto di accertamento nei confronti della società sulla base di utili non contabilizzati;
  • eventuale contestazione, in capo alla società, dell’omessa esecuzione della ritenuta sui dividendi di cui all’art. 27 del DPR 600/73;
  • notifica dell’accertamento ai soci sulla base della presunzione di distribuzione degli utili extracontabili accertati in capo alla società.

Affinché la presunzione possa operare, è necessaria la presenza di un valido accertamento in capo alla società, che costituisce presupposto per l’applicazione della rettifica a carico dei soci in ordine ai dividendi35.

In base ad un primo orientamento, se la società viene cancellata dal Registro delle imprese, l’atto notificato al socio pro quota non viene meno, concernendo un soggetto diverso e ancora in vita36. Di contro, secondo altre pronunce, se l’accertamento è notificato nei confronti di una società estinta difetta il presupposto indicato dalla Cassazione, non essendo rinvenibile alcun valido accertamento nei confronti della società partecipata37.

Sanzioni amministrative

L’art. 7 del DL 269/2003 stabilisce che “le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica”.

In virtù di tale norma, si potrebbe sostenere che, nel caso degli enti dotati di personalità giuridica cancellati dal Registro imprese, anche se i soci avessero riscosso somme in base al bilancio di liquidazione, gli importi richiesti a titolo di sanzione non possano esser loro “trasmessi”. Non a caso, ragionando diversamente, di fatto i soci dovrebbero corrispondere importi che derivano da sanzioni irrogate nei confronti della persona giuridica, violando la ratio che sta alla base dell’art. 7 del DL 269/2003.

La dottrina ha specificato che, comunque, le sanzioni non andrebbero richieste ai soci, in quanto in nessuna norma del DLgs. 472/97 si fa riferimento ad una successione nel debito sanzionatorio a carico dei medesimi.

Società di persone

Per le società di persone, eccezion fatta per le società in accomandita semplice (ove occorre distinguere in relazione alla tipologia di socio), i soci sono illimitatamente e solidalmente responsabili per le obbligazioni sociali (IVA, IRAP, altri tributi), e ciò permane anche dopo l’estinzione della società38.

Vedasi Cass. 7.6.2016 n. 11683, ove i giudici hanno cassato la tesi secondo cui, anche per i soci di società di persone, l’Erario dovrebbe dimostrare che questi, per essere ritenuti responsabili, hanno riscosso importi dal bilancio finale di liquidazione, non operando, in tal caso, l’art. 2495 c.c.

Il problema non si pone invece per le imposte sui redditi, imputate per trasparenza e quindi espressione di un debito proprio dei soci39.

Accogliendo l’impostazione della giurisprudenza, ritenente legittima l’emissione diretta della cartella di pagamento nei confronti del socio40, pure successivamente all’estinzione della società sarebbe possibile notificare la cartella o l’atto esattivo ai soci, che, nonostante l’estinzione, non dovrebbe contenere una parte motiva peculiare, alla luce del fatto che, quantomeno nelle snc, questi ultimi rispondono per intero per le obbligazioni sociali.

Per ciò che concerne IVA e IRAP, la possibilità di diretta notifica dell’atto esattivo al socio è censurabile, in quanto si verte nel caso degli accertamenti esecutivi, ove, in virtù del procedimento indicato dall’art. 29 del DL 78/2010 che non contempla più la notifica della cartella, la possibilità accordata al socio, enunciata dalla giurisprudenza, di eccepire, in sede di ricorso contro la cartella, ogni questione che avrebbe potuto sollevare in sede di ricorso contro l’accertamento perde di rilievo41. Sarebbe quindi necessaria la notifica di un apposito atto di accertamento al socio, contenente le richieste che l’ente impositore avrebbe potuto rivolgere nei confronti della società (cosa che di fatto talvolta avviene, in quanto l’atto relativo ad IVA/IRAP è notificato “per conoscenza” ai soci).

Valgono, in linea di principio, le osservazioni fatte nel paragrafo precedente in merito agli aspetti procedimentali (competenza, istituti deflativi del contenzioso, riscossione).

Pare inoltre potersi affermare che, dopo la cancellazione della società, permanga la responsabilità anche per le sanzioni, in virtù del vincolo solidale42.

Socio accomandante di sas

Una puntualizzazione va fatta per il socio accomandante di sas, che, ai sensi dell’art. 2324 c.c., non risponde, come nelle situazioni ordinarie, nei limiti della quota conferita, ma nei limiti della quota liquidata.

L’ente impositore, prima di azionare la sua responsabilità, deve accertare se e quando il socio ha ricevuto una quota in sede di liquidazione, e, in caso positivo, limitare la pretesa alla medesima43.

Sotto questo profilo, dunque, la posizione del socio accomandante di sas è simile a quella del socio di società di capitali.

Liquidatore di società (art.36 del DPR 602/73)

L’art. 36 del DPR 602/73 è espressione di una responsabilità che ha riflesso sulla modalità di eliminazione del passivo, posto che introduce una sorta di privilegio indiretto in capo all’Amministrazione finanziaria: infatti, il liquidatore è responsabile se soddisfa creditori che, nell’ordine stabilito dal codice civile, non dovevano essere preferiti all’Erario. Il menzionato istituto è stato oggetto di modifiche ad opera del DLgs. 175/2014.

Detta norma disciplina una particolare forma di responsabilità del liquidatore dei soggetti IRES, per cui, posto che tra società e liquidatore non vi è alcun vincolo di coobbligazione solidale, non può sostenersi che “estinta la contribuente società di capitali, il processo tributario prosegua nei confronti dell’ex liquidatore”44, né, tantomeno, che, cancellata la società, per i debiti fiscali insoddisfatti la sua responsabilità sia automatica.

L’entità della responsabilità è parametrata all’importo del debito fiscale che avrebbe trovato capienza in sede di graduazione dei crediti.

Al riguardo, occorre precisare che:

  • la responsabilità sussiste nel caso di attività diretta di fatto alla liquidazione della società, indipendentemente dalla messa in liquidazione45;
  • essa va appurata nel momento in cui si verifica il presupposto d’imposta, quindi, se si tratta di IRES, nel momento di chiusura del bilancio finale di liquidazione e di successiva trasmissione della dichiarazione di liquidazione46;
  • posto che l’art. 36 richiamato contempla una responsabilità per fatto proprio del liquidatore, l’accertamento a quest’ultimo può essere notificato anche se è stato dichiarato il fallimento della società47.

Tale responsabilità sussiste anche nei confronti:

  • dell’amministratore che, prima della formale nomina dei liquidatori, abbia di fatto posto in essere operazioni liquidatorie48;
  • di tutti coloro i quali si siano occupati della realizzazione del patrimonio sociale al fine di estinguere le passività, poiché il termine “liquidatore” è da intendersi in senso atecnico49.

È importante rilevare che, secondo un recente orientamento della Cassazione50, il rispetto dell’art. 36 del DPR 602/73 avrebbe, previa contestualizzazione della fattispecie, un indiretto riflesso penale, nel senso che se questa norma è osservata, il liquidatore non può rispondere, nella specie, del reato di omesso versamento di ritenute.

Liquidazioni giudiziali (fallimento, liquidazione coatta amministrativa)

In base ad una prima corrente di pensiero, l’art. 36 del DPR 602/73 non riguarda le procedure concorsuali, poiché il soggetto che assume le vesti del liquidatore (curatore del fallimento, commissario liquidatore) opera come pubblico ufficiale e deve svolgere le proprie funzioni secondo le direttive dell’Autorità giudiziaria. Detta tesi è stata confermata in via ufficiale51.

Il principio è stato messo in discussione da una sentenza della Cassazione, ove è stato sostenuto che non può essere, in via automatica, negata l’applicabilità dell’art. 36 del DPR 602/73 per il fatto che, nelle procedure concorsuali, la liquidazione avviene sotto il controllo del giudice52.

Collegio di liquidatori

Interessante è l’ipotesi in cui venga nominato un collegio di liquidatori53.

Al riguardo, secondo parte della dottrina, deve ammettersi che, per quanto non espressamente richiamato, trovi applicazione il disposto di cui all’art. 2392 co. 3 c.c., ai sensi del quale “la responsabilità per gli atti o le omissioni degli amministratori non si estende a quello tra essi che, essendo immune da colpa, abbia fatto annotare il suo dissenso nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio, dandone immediata notizia per iscritto al presidente del collegio sindacale”.

  1. L’art. 2325 c.c. prevede chiaramente che “nella società per azioni per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio”. Analoghe disposizioni sono presenti nell’art. 2462 c.c., in tema di srl, e nell’art. 2518 c.c. per le società cooperative. Sono previste alcune eccezioni, circoscritte peraltro a casi del tutto peculiari; per esempio l’art. 2325 co. 2 c.c., per il periodo in cui le azioni sono appartenute ad una sola persona. ↩︎
  2. L’impossibilità di far valere la pretesa fiscale nei confronti dei soci di società di capitali, alla luce del richiamato principio di separazione patrimoniale, è talmente forte da aver indotto alcuni giudici ad annullare il diniego di autotutela relativo ad atti divenuti ormai definitivi (C.T. Reg. Napoli sez. Salerno 5.10.2010 n. 282/2/10 e C.T. Prov. Alessandria 23.7.2009 n. 72/5/09) ↩︎
  3. Art. 2291 c.c.
    Nella società semplice, i soci rispondono personalmente e illimitatamente dei debiti sociali se hanno agito in nome e per conto della società. Gli altri soci sono responsabili salvo pattuizione contraria, che va portata a conoscenza dei terzi con mezzi idonei (art. 2267 c.c. ). ↩︎
  4. Artt. 2313 e 2324 c.c. ↩︎
  5. Artt. 2312 e 2324 c.c. ↩︎
  6. C.T. Reg. Campobasso 16.6.2008 n. 44/3/8. ↩︎
  7. C.T. Reg. Torino 25.2.2010 n. 25/5/10. ↩︎
  8. Cass. 28.8.2013 n. 19716, secondo cui ove sia dimostrato che la persona giuridica è stata costituita artificiosamente a fini illeciti la persona fisica che ha agito per conto della società è, nel contempo, “trasgressore e contribuente, e la persona giuridica è una mera fictio, creata nell’esclusivo interesse della persona fisica”, e non opera l’art. 7 del DL 269/2003, ai sensi del quale nel caso di rapporti fiscali facenti capo a persone giuridiche le sanzioni possono essere irrogate nei soli confronti dell’ente. ↩︎
  9. Si evidenzia che l’istanza di fallimento può essere chiesta anche dall’ente impositore nonché dall’Agente della Riscossione (artt. 6 del RD 267/42 e 87 del DPR 602/73). ↩︎
  10. La norma recita testualmente: “sono altresì solidalmente responsabili con gli amministratori, ai sensi dei precedenti commi, i soci che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi”. ↩︎
  11. Artt. 223 ss. del RD 267/42 ↩︎
  12. Nello stesso senso, Cass. 20.11.2013 n. 25989 e Cass. 26.6.2015 n. 13259. ↩︎
  13. Studio Consiglio nazionale del Notariato 14.12.2011 n. 226-2011/T. In tal caso, è palese che i soci non potranno subire alcuna limitazione nell’oggetto della difesa, ben potendo sindacare il merito della pretesa. ↩︎
  14. Tassani T. “La responsabilità di soci, amministratori e liquidatori per i debiti fiscali della società”, Rassegna tributaria, 2, 2012, p. 376, secondo cui, nei casi previsti dagli artt. 36 co. 3 del DPR 602/73 e 2495 c.c., la ratio legis induce ad affermare che “nel limite rappresentato dalle assegnazioni, l’Amministrazione fiscale possa soddisfare anche l’intero debito nei confronti di uno dei soci, che avrà azione di regresso nei confronti degli altri”. Chiaramente, se si accetta la tesi della solidarietà, l’ente impositore potrebbe notificare l’accertamento a tutti i soci, e varrebbero le norme relative a tale istituto, quindi il litisconsorzio facoltativo e l’estensione del giudicato favorevole ai sensi dell’art. 1306 c.c. ↩︎
  15. Pacitto P. “La responsabilità patrimoniale dei soci della società estinta”, La gestione straordinaria delle imprese, 4, 2013. ↩︎
  16. Cass. 11.5.2012 n. 7327. ↩︎
  17. Vedasi C.T. Prov. Torino 8.2.2012 n. 22/2/12. ↩︎
  18. Decorso l’anno, quindi, la notifica presso l’ultima sede legale, comunque, non può ritenersi valida, C.T. Reg. Torino 2.7.2014 n. 849/24/14. ↩︎
  19. Al riguardo, si rileva come la suddetta scelta legislativa possa essere criticabile, potendo ledere il diritto di difesa del contribuente: infatti, è probabile che, a seguito dell’estinzione della persona giuridica, presso la precedente sede legale non si rinvengano soggetti capaci di ricevere l’atto. ↩︎
  20. Tale soluzione, però, si scontrerebbe con il dato normativo, che consente la notifica presso l’ultima sede sociale. ↩︎
  21. Il che, comunque, sarebbe censurabile per lesione del diritto di difesa, in quanto la cartella di pagamento non contiene un assetto motivazionale adeguato. ↩︎
  22. Si evidenzia che, a seguito della L. 208/2015, a decorrere dall’anno 2016 (quindi dalle dichiarazioni da presentare nel 2017), l’accertamento va notificato, a pena di decadenza, entro il 31.12 del quinto (e non più quarto) anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, settimo (e non più quinto) se si tratta di omessa dichiarazione (artt. 43 del DPR 600/73 e 57 del DPR 633/72). ↩︎
  23. Tale soluzione, invero, potrebbe essere pregiudizievole per gli uffici, qualora l’accertamento fosse stato notificato alla società e divenuto definitivo, cosa che renderebbe impossibile la (ri)notifica dell’accertamento al socio per avvenuta decorrenza dei termini. Addirittura, potrebbe essere già stata notificata la cartella di pagamento alla società ai sensi dell’art. 25 del DPR 602/73 per riscuotere le somme. In tal caso, ferma restando la necessità di notifica di un atto avente i requisiti dell’accertamento al socio, o comunque di un atto contenente il fondamento della responsabilità di quest’ultimo, si potrebbe ritenere operante il termine biennale di cui all’art. 25 del DPR 602/73 se alla società non fosse stato ancora notificato l’atto esattivo, in caso contrario, per non pregiudicare il diritto alla riscossione delle somme, non resta che optare per il termine prescrizionale, come avverrebbe se il credito dovesse essere riscosso nei confronti della società in una fase successiva alla cartella di pagamento. ↩︎
  24. Si pensi all’ipotesi dei controlli automatici della dichiarazione dei redditi. Può accadere che la società riceva la cartella, che non la impugni lasciando decorrere i 60 giorni e che i soci, anziché una nuova cartella di pagamento, ricevano magari l’intimazione ad adempiere ai sensi dell’art. 50 del DPR 602/73. ↩︎
  25. C.T. Prov. Torino 14.6.2011 n. 111/11/11. ↩︎
  26. Rimangono ferme le criticità evidenziate in merito ai termini decadenziali. ↩︎
  27. Cfr., ad esempio, Cass. 21.4.2008 n. 10267, che, proprio al fine di non limitare la difesa del socio, ritiene applicabile l’art. 19 co. 3 del DLgs. 546/92, secondo cui “la mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all’atto notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo”. ↩︎
  28. C.T. Prov. Genova 5.6.2012 n. 52/11/12; contra, C.T. Prov. Forlì 18.7.2014 n. 407/2/14, che dà rilievo al domicilio sociale, essendo i soci successori della società. ↩︎
  29. Istituti disciplinati dal DLgs. 218/97. ↩︎
  30. Artt. 16 e 17 del DLgs. 472/97. ↩︎
  31. Esemplificando, si pensi al caso di una società cancellata dal Registro imprese nell’anno 2016. Se al socio viene notificato un accertamento fondato sull’errata imputazione a periodo effettuata dalla società nell’anno 2015 (quindi non notificato alla medesima per via della successiva cancellazione), gli istituti deflativi del contenzioso non possono essere negati. Ma se questo accertamento fosse relativo ad esempio all’anno 2010, quindi già notificato alla società anni prima e divenuto definitivo, l’ammissibilità delle varie adesioni previste dal sistema apparirebbe stucchevole (il sistema impositivo si troverebbe, a ben vedere, in uno stadio procedimentale successivo all’accertamento, infatti se la società fosse ancora in vita verrebbe avviata la fase esattiva. È però vero che, se si concorda con la tesi, da noi sostenuta, che ammette sempre il sindacato sul merito della pretesa in sede giudiziale, allora sarebbe coerente ritenere operanti anche gli istituti deflativi del contenzioso). ↩︎
  32. Art. 19 del DPR 602/73. Alludiamo alla domanda di dilazione presentata dai soci notificatari di un atto emesso ai sensi dell’art. 2495 c.c. Equitalia, con la direttiva 15.4.2011 n. 12, aveva specificato che i soggetti ormai cancellati dal Registro delle imprese avrebbero ottenuto la dilazione solo in presenza di fideiussione bancaria o polizza assicurativa autorizzata all’esercizio del ramo cauzioni avente sede legale in Italia. ↩︎
  33. Artt. 2, 3 e 3-bis del DLgs. 462/97. ↩︎
  34. Cfr., per tutte, Cass. 6.10.2010 n. 20721 e Cass. 26.5.2008 n. 13485. ↩︎
  35. Cass. 22.4.2009 n. 9519. ↩︎
  36. C.T. Prov. Treviso 16.4.2013 n. 31/4/13. ↩︎
  37. C.T. Prov. Enna 24.1.2014 n. 113/1/14; C.T. Reg. Venezia 12.11.2013 n. 86/1/13 e C.T. Reg. Genova 2.7.2015 n. 769/3/15. ↩︎
  38. Infatti, ai sensi dell’art. 2312 c.c., “dalla cancellazione della società i creditori sociali che non sono stati soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci”. ↩︎
  39. Cfr. Cass. SS.UU. 5.12.2012 n. 21773. ↩︎
  40. Cass. SS.UU. 4.6.2008 n. 14815. ↩︎
  41. A meno che si opti per l’impugnabilità della comunicazione di “presa in carico” degli importi che Equitalia, ai sensi dell’art. 29 del DL 78/2010, deve notificare al soci (nel senso dell’impugnabilità in caso di mancata notifica dell’accertamento, C.T. Prov. Vicenza 17.7.2014 n. 431/9/14). ↩︎
  42. Ciò vale di certo per le sanzioni relative alle imposte sui redditi, operando la trasparenza e non avendo rilievo, per questo motivo, l’avvenuta estinzione dell’ente. ↩︎
  43. Così, C.T. Prov. Torino 16.12.2013 n. 153/3/13. ↩︎
  44. Cass. 11.5.2012 n. 7327 e C.T. Prov. Palermo 18.9.2013 n. 341/5/13. ↩︎
  45. Cass. 14.3.78 n. 1273. Spetta al giudice di merito “accertare se nel periodo cui si riferiscono le imposte non pagate l’amministratore abbia compiuto operazioni sostanziali di liquidazione, valutando a tal fine, oltre che le vendite immobiliari ed i relativi tempi di esecuzione, ogni altra operazione compiuta dall’amministratore nel corrispondente periodo e in quello successivo, anche riguardo alla destinazione del ricavato delle vendite ed al regolamento dei rapporti giuridici pendenti (il tutto in relazione alla durata della società, alle previsioni dello statuto ed al contenuto delle delibere assembleari)” (Cass. 27.3.85 n. 2145). ↩︎
  46. Cass. 27.4.2016 n. 8334, ove i giudici hanno rigettato la tesi secondo cui la responsabilità sarebbe da vagliare al momento, antecedente, dell’incasso di un indennizzo assicurativo poi non dichiarato. ↩︎
  47. C.T. Reg. Bologna 23.4.2012 n. 42/1/12. ↩︎
  48. C.T.C. 11.5.89 n. 3230 e Cass. 24.3.81 n. 1703. Con tale orientamento, la Corte intende evitare che l’amministratore possa andare esente da responsabilità per il solo fatto di aver nominato successivamente i liquidatori. ↩︎
  49. Cass. 3.6.78 n. 2766, ove si evidenzia che “non si tratta, quindi, di interpretare in modo estensivo, né tanto meno analogico, il contenuto di una norma sanzionatoria, ma solo di evidenziarne l’effettivo contenuto e la reale portata” (confermata da Cass. 15.10.2001 n. 12546). ↩︎
  50. Cass. 26.5.2016 n. 21987. ↩︎
  51. R.M. 2.2.78 n. 7/241. ↩︎
  52. Cass. 17.7.2014 n. 16373. ↩︎
  53. In tal caso, dovrebbe esserci solidarietà tra liquidatori. ↩︎